L’équipe veronese di archeologi ha riportato alla luce l’edificio dei gladiatori È la base che sosteneva i pilastri della facciata. Trovate anche molte monete
di Elisa Michellut
Un’altra perla, un’altra importante scoperta archeologica ad Aquileia. Dopo il teatro, gli archeologi hanno portato alla luce una platea di fondazione dell’Anfiteatro romano, larga quasi quattro metri. La struttura probabilmente reggeva la serie di pilastri esterni della facciata, presumibilmente collocati su piú ordini, fino a raggiungere un’altezza notevole, ancora da precisare. Il ritrovamento è stato effettuato da un’équipe di studenti e dottorandi dell’università di Verona, dipartimento Te.S.I.S., coordinata da Patrizia Basso e supportata da Alberto Manicardi, direttore tecnico della Società archeologica (in seguito a una concessione di scavo del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo, in accordo con la Soprintendenza Archeologia del Friuli Vg).
La ricerca è stata avviata il 7 luglio, dopo avere condotto alcune prospezioni geofisiche, all’interno di un terreno di proprietà demaniale, vicino a palazzo Brunner. «Dell’importante edificio pubblico, utilizzato per gli spettacoli gladiatori – spiegano gli archeologi – si conoscevano le dimensioni complessive, circa centoquarantotto metri sull’asse maggiore e centododici metri sul minore, e l’ubicazione nel quadro della città romana. Restavano da chiarire numerosi aspetti architettonico-strutturali e l’inquadramento cronologico. Le notizie provenivano da una serie di scavi condotti nel settore orientale del monumento già a partire dal 1700 fino agli anni ’40 del ‘900. Fortunatamente questi scavi non hanno mai interessato il terreno di palazzo Brunner, che risultava particolarmente interessante per le indagini. Con la campagna di quest’anno, conclusa il 17 luglio, si sono aperti due ampi settori di scavo che hanno rivelato assolute novità. Per quanto il monumento sia stato oggetto di una spoliazione massiccia già nel tardoantico, ma anche nei secoli piú vicini a noi, costituendo una comoda cava lapidea per le costruzioni post-classiche della città di Aquileia, la struttura riportata alla luce è la prova che l’edificio era dotato di una galleria esterna e quindi presentava dimensioni ancora piú ampie rispetto a quanto ipotizzato». Gli scavi hanno portato alla luce anche i resti di uno dei pilastri della seconda galleria ellissoidale e di uno dei muri radiali che sostenevano le gradinate. I materiali raccolti, monete e numerose ceramiche, ora in fase di studio, permetteranno di datare il momento in cui l’edificio andò in disuso, ma anche le fasi della sua costruzione.
«È possibile ipotizzare – anticipano gli esperti – che la galleria piú esterna dell’anfiteatro sia stata demolita fra il III e il IV secolo dopo Cristo, forse per costruire la cinta tardoantica della città, che correva a pochi metri di distanza dal monumento e di cui crediamo di aver individuato, nell’area di scavo, il poderoso terrapieno interno. Pur privato di parte delle gradinate, l’anfiteatro probabilmente continuava a essere utilizzato, in modo analogo a quanto avvenne, per esempio, a Verona, dove i rinforzi e gli ampliamenti delle mura urbane, realizzati da Gallieno nel III sec. d. opo Cristo, “spogliarono” quasi completamente la facciata esterna dell’antica arena per ottenere materiale costruttivo senza far venir meno l’utilizzo del restante monumento per spettacoli». L’università di Verona intende proseguire le indagini per portare alla luce un intero settore dell’edificio,
a partire dalla fronte esterna, già individuata con questa campagna di scavo, fino ad arrivare all’arena, dove si svolgevano gli spettacoli. L’ateneo si propone anche di avviare una serie di analisi chimico-fisiche, geoarcheologiche e archeobotaniche.
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21 luglio 2015
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