I consigli dell’ex centravanti del Chievo ai giocatori dell’Udinese dopo l’arrivo del tecnico di Aquileia
di Massimo Meroi
I consigli dell’ex centravanti del Chievo ai giocatori dell’Udinese dopo l’arrivo del tecnico di Aquileia
di Massimo Meroi
UDINE. «Vi racconto Gigi Del Neri». Bernardo Corradi è stato allenato per due stagioni dal nuovo tecnico dell’Udinese. Era l’anno 2000 quando l’attaccante si accasò al Chievo.
Promozione in serie A alla prima stagione, quinto posto e qualificazione Uefa alla seconda. «È stata la svolta della mia carriera – racconta l’ex centravanti –, l’anno dopo passai alla Lazio e fui anche convocato in Nazionale. In quei due anni ho messo le basi per il resto della mia carriera».
Corradi, come nacque il passaggio al Chievo? Fu Delneri a volerla?
«Ero reduce da un’annata a Cagliari, avrei potuto andare al Genoa in comproprietà con la Roma o al Chievo in comproprietà con l’Inter. Scelsi la seconda soluzione».
Il primo impatto con Delneri?
«In ritiro facemmo tanta, ma tanta fatica. Correvamo molto senza palla e ricordo che alla fine di ogni doppio allenamento provava i movimenti della linea difensiva. I miei compagni quasi si trascinavano per arrivare in albergo».
Era una squadra costruita per vincere?
«No, il Chievo navigava a metà classifica da parecchi anni, il mister era nuovo e in squadra arrivammo io e Corini. Diciamo che l’appetito venne mangiando. Giocavamo bene, ci divertivamo. Vincemmo il campionato con due giornate d’anticipo».
Cosa c’era di Delneri in quella squadra?
«Il mister è uno che va seguito. Quello del Chievo era un gruppo sano, ricordo che a fine allenamento ci fermavamo di nostra spontanea volontà a rivedere le partite per capire dove potevamo migliorare. Ho letto la sua intervista di presentazione a Udine. Delneri è il classico friulano, grande lavoratore. La nostra settimana tipo era: allenamento al martedì, doppio al mercoledì e giovedì e venerdì sera in ritiro anche se si giocava alla domenica. E si vinceva spesso. Ricordo una trasferta a Pescara con gli avversari che andarono più di venti volte in fuorigioco».
Quando arrivaste in serie A stupiste ancora di più. Prima giornata: Fiorentina-Chievo 0-2.
«Io ricordo più l’esordio in Coppa Italia a Pistoia. Vennero a vedermi mio padre e un gruppo di amici: c’era preoccupazione perchè il livello del campionato era altissimo. Tanto per rendere l’idea l’Inter in attacco aveva Ronaldo e Vieri, il Milan Sheva e Inzaghi, la Juve Trezeguet e Del Piero. In una delle prime giornate a Torino dopo 25’ vincevamo 2-0, perdemmo 3-2 con un rigore al 90’ che si poteva dare ma anche no. A dicembre vincemmo 2-1 a San Siro con l’Inter e ci ritrovammo primi in classifica. Piccole grandi imprese».
Delneri come viveva questa situazione?
«Era un martello. È un allenatore che pretende molto, quando ha trovato squadre che davano la massima disponibilità ha ottenuto risultati anche all’Atalanta e alla Sampdoria. Ai ragazzi dell’Udinese dico: mettetevi a sua disposizione e vedrete che i risultati arriveranno».
Quando vinceste al Friuli con l’Udinese di Hodgson sembravate telecomandati dalla panchina…
«Quel calcio totale era solo frutto del lavoro e delle conoscenze che avevamo già dalla stagione precedente».
Entrare a stagione in corso può essere un problema per un allenatore come Delneri?
«Fossimo a metà stagione potrei dire di sì, ma visto che è passato poco più di un mese di campionato dico di no. Ha il tempo per valutare la squadra, e in caso di necessità, chiedere qualcosa alla società per il mercato di gennaio».
Cosa può dare Delneri all’Udinese?
«Essere friulano credo possa essere un valore aggiunto. Quello di Udine è un pubblico molto esigente anche perchè abituato bene, ma quando riconosce alla squadra il massimo impegno è comprensivo e ti dà tanto».
Delneri mago del 4-4-2. Lui la considera un’etichetta riduttiva…
«Concordo. Anche perchè nel calcio di oggi bisogna distinguere la fase di possesso da quella di non possesso. L’unica certezza è la linea difensiva a quattro che gli offre maggiori garanzie anche se in alcune occasioni ha pure giocato a tre».
Kums può essere il suo Corini?
«Diciamo di sì. Le caratteristiche sono quelle».
L’esordio sarà contro la Juventus…
«Il cambio, se doveva proprio essere fatto, è arrivato nel momento giusto visto che c’è la sosta. Qualcosa a livello di organizzazione difensiva si potrà già vedere a Torino. Poi sarà importante riuscire a non essere passivi. Meglio giocarsela nei limiti del possibile, anche perchè con la Juve se stai sempre dietro prima o poi il gol lo prendi».
Nelle squadre di Delneri gli attaccanti hanno sempre segnato parecchio, vero?
«Sì, segnano tanto e vengono anche sostituiti spesso perchè lui chiede grande partecipazione anche in fase di non possesso. Io al Chievo ero il giocatore di serie A che subiva e al tempo stesso commetteva più falli».
Quei due anni a Verona sono stati un trampolino di lancio per lei…
«Ero in comproprietà con l’Inter e tornai in nerazzurro. Poi Moratti prese Crespo e io fui inserito nel pacchetto e finii Roma. Non mi è andata male, l’anno dopo arrivò anche la chiamata in azzurro. Le basi per la seconda parte della mia carriera le ho costruite sicuramente al Chievo».
Corradi, provi a descrivere Delneri con tre aggettivi…
«Meglio tre concetti. Persona positiva, gran lavoratore e tecnico che si mette sempre in discussione».
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08 ottobre 2016
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