Serracchiani e Rosato separati in casa, Russo battitore libero. I candidati nazionali svelano le distanzei
di Diego D’Amelio
TRIESTE Non si amano ma devono convivere. Il congresso nazionale del Pd, tuttavia, dà loro la possibilità di inserirsi in schieramenti diversi e non è dunque un caso che Ettore Rosato, Francesco Russo e Debora Serracchiani abbiano annunciato per primi la propria collocazione nella competizione, destinati come sono a essere capicorrente locali dei dem.
Il caso un po’ surreale è che alle primarie regionali del 2 dicembre sosterranno tutti la candidatura unitaria di Cristiano Shaurli, ieri a Trieste per presentare il suo programma con l’apparizione a sorpresa di Piero Fassino, che ha parlato di una «frattura democratica» da sanare davanti all’opinione pubblica. Ma quando il confronto passa al livello nazionale emergono le divisioni interne. Russo è stato il primo a dichiararsi, optando per Nicola Zingaretti, dato per favorito e in grado di avvicinarlo alla sinistra dem, facilitando il suo lavoro per ottenere la candidatura a sindaco di Trieste. Dopo aver accarezzato l’idea di scendere in campo in prima persona, Serracchiani ha appena annunciato di parteggiare per Maurizio Martina: scarso il feeling col governatore del Lazio e troppo allentato il legame coi renziani. Che è invece vivissimo per Rosato, sostenitore del nome di Marco Minniti.
Scelte diverse che fotografano i rapporti non idilliaci fra i tre. Eppure Serracchiani e Rosato partono insieme nel 2011 a sostegno della segreteria di Dario Franceschini e si schierano per Pier Luigi Bersani premier. L’alleanza è salda, con Rosato alla Camera e la futura presidente regionale contemporaneamente europarlamentare e segretaria del Pd Fvg. Debora ed Ettore camminano insieme anche nel passaggio al renzismo e qui i rapporti si complicano, perché in un territorio da un milione di abitanti non c’è spazio per due leader. Alla fortuna dell’una corrisponde poi l’ombra per l’altro e viceversa: e così alla Serracchiani vicesegretaria nazionale fa il paio un Rosato meno in vista e quando questi conquista la lussuosa poltrona da capogruppo lei esce dal giglio magico. Le relazioni si guastano e l’apice si raggiunge con la costruzione delle liste per le politiche, cui Rosato arriva dopo aver guidato la costruzione della riforma costituzionale e la legge elettorale. Viene così scelto come capolista e Serracchiani finisce seconda, rischiando pure di non passare.
A uscre per primo allo scoperto è stato però Russo, vicino a Enrico Letta, poi al capogruppo Luigi Zanda e infine proprio a Martina, considerato all’epoca ponte dei non renziani verso il renzismo. Ma l’ex senatore ritiene di non essere stato tutelato dall’attuale segretario per un bis a Roma e ha sempre detto di non sentirsi renziano: ecco allora la scelta di Zingaretti, che lo pone su una sponda diversa da quella dei mai graditi Rosato e Serracchiani. Con il primo la rivalità è tutta triestina: una corsa alla visibilità che dura dalla militanza giovanile nella Dc. La conflittualità con la seconda nasce ai tempi della segreteria regionale, quando il binomio Serracchiani-Rosato toglie ogni spazio al mai allineato Russo, che non risparmia poi critiche all’amministrazione del Fvg e mette in imbarazzo la giunta spingendo su Trieste metropolitana.
Rosato, Russo e Serracchiani sosterranno ora tre leader diversi. Il Fvg avrà quindi almeno un vincitore al congresso. Se, come prevedibile, le primarie non garantiranno la maggioranza assoluta per un candidato, l’assise dovrà infatti creare una segreteria che comprenda due correnti su tre. In un partito debole, per l’escluso saranno tempi duri
24 novembre 2018
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