Mais transgenico seminato in due campi friulani. La Regione prenderà provvedimenti
22.05.2014 No Ogm in Friuli-Venezia Giulia, ma nel rispetto della normativa comunitaria. È questa la posizione sottolineata dalla presidente della Regione, Debora Serracchiani, intervenuta ieri a Milano al «mega» convegno della Coldiretti nazionale che ha riunito nel capoluogo lombardo oltre diecimila iscritti. Tra questi quasi un migliaio provenienti da Gorizia, Pordenone, Trieste ed Udine, guidati dal presidente Fvg, Dario Ermacora.
In questi giorni, però, ha ricordato Serracchiani, nonostante i divieti nazionale e regionale, all’Amministrazione regionale sono state notificate la semina di mais Ogm in due campi. Gli uffici della Regione stanno ora lavorando di concerto con quelli statali, in particolare con il Corpo forestale dello Stato, in costante contatto e coordinamento per attivare tutti gli strumenti possibili nei confronti di chi ha trasgredito.
Allo Stato dunque viene chiesto un supporto, anche perché – è stato detto – è necessario che la normativa statale contenga precise indicazioni circa le sanzioni da applicare a chi decide di seminare Ogm.
E in tal senso ieri a Milano, all’incontro sul tema «L’Agricoltura di chi ama l’Italia», la presidente del Friuli-Venezia Giulia ha chiesto a Coldiretti di sostenere la richiesta – cioè sanzioni capaci di impedire le coltivazioni Ogm – di una rivisitazione del testo del decreto del 2013.
Una sintetica rassegna allestita sempre da Coldiretti nell’ambito dell’incontro, ha illustrato i mille volti degli «imbrogli» alimentari ai danni dei prodotti made in Italy: dai «wine-kit» (si stima che in Europa vengano consumate ogni anno 20 milioni di bottiglie, con etichette di vino italiano, realizzate con polveri di vino), ai formaggi con polvere di caseina, ai 29 milioni di chilogrammi di concentrato di pomodoro proveniente dalla Cina, affari spesso
gestiti dalle cosiddette agromafie che fatturano annualmente 14 miliardi di euro.
Di fronte a tutto ciò, campeggia il grande problema della salvaguardia dei «giacimenti enogastronomici» che fanno grande l’Italia nel mondo.
Occorrono, come ha ricordato tra gli altri anche Paolo Barilla, vicepresidente di Barilla Alimentare spa, garanzie di sicurezza, che poi sono il presupposto del gusto, è necessario ad esempio promuovere in accordo con le Regioni, ha proposto il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina, «filiere corte», appare indispensabile attivare un percorso di protezione che deve essere fatto dentro e con l’Europa, ha indicato la presidente del Friuli-Venezia Giulia.
È questo un interesse soprattutto dei Paesi produttori, quali l’Italia, rispetto ad altre realtà, del Nord Europa, che sono per lo più consumatori e dunque meno interessati al problema, è stato rimarcato, anche se alcuni passaggi appaiono importanti.
Il Parlamento Ue, oggi in scadenza, ha comunque infatti già avviato il percorso per la stesura di un Regolamento per il «made in», mentre nel frattempo sono stati stipulati specifici accordi commerciali Ue-Paesi terzi per la tutela delle produzioni doc, tra cui – molto importante anche per il Friuli-Venezia Giulia – con il Canada.
Accordi che, tra l’altro, hanno portato alla recente eliminazione da una grande catena distributiva della Gran Bretagna del «Daniele ham», che evidentemente intendeva cannibalizzare il prosciutto di San Daniele.