La numero 2 del Pd e governatrice del Fvg ridimensiona gli allarmi: «Non difendo Renzi, ma la Legge di stabilità che cambierà l’Italia. I miei colleghi protestano? Inutile scontro che sa di passato. Chiamparino e altri si sono fatti prendere dalla preoccupazione. In Fvg i tagli saranno di poco superiori ai 56 milioni chiesti lo scorso anno»
di Marco Ballico
La presidente della Regione Debora Serracchiani
Non conferma le indiscrezioni che parlano di un’ottantina di milioni di tagli al Friuli Venezia Giulia previsti dalla legge di Stabilità. Ma assicura che «siamo un po’ sopra la cifra dell’anno scorso», vale a dire 56 milioni. È il «punto di equilibrio», quello su cui Debora Serracchiani non ha mai avuto dubbi. Per il Fvg come per le altri Regioni: Renzi e Chiamparino troveranno l’intesa. Di certo lei non cambia idea. Il ddl «è un’occasione unica per l’Italia. E una sfida da raccogliere». Quelli che si lamentano? «Si sono fatti prendere dalla preoccupazione. Sono preoccupata anch’io, ma il Fvg, sulla spending review, si è mosso per tempo».
Dopo le slide si attende ancora il riparto dei tagli. Conosce quelli del Fvg?
Gli uffici stanno lavorando su alcune ipotesi. Ma ciò conta è l’approccio diverso: sapevamo che anche stavolta ci sarebbe stato chiesto un sacrificio e abbiamo reagito meglio e prima di altri.
In che modo?
Con le riforme e una riqualificazione della spesa partita un anno e mezzo fa. Standard&Poor’s ce ne ha dato merito. Stiamo anche sollecitando le imprese che non hanno sede in regione a pagare le tasse qui. E, rimettendo in pista Friulia e Mediocredito Fvg, interveniamo su settori che possono attrarre investimenti.
Ci svela le ipotesi di lavoro romane sui tagli?
Non si discosteranno da quelli del 2013, con l’aggiunta necessaria alla copertura di una manovra che avrà però un ritorno sul territorio estremamente importante.
È il punto di equilibrio che si augurava?
È una previsione che ci consente di costruire un bilancio che può accompagnare azioni già avviate: riforme della cultura e della sanità, piano di sviluppo rurale, ormai pronto, riordino dell’amministrazione e reindirizzo degli strumenti: oltre a Friulia e Mediocredito, anche Finest e Insiel. La manovra avrà effetti tanto più benefici quanto più le Regioni sono produttive. La nostra lo è.
L’eliminazione dell’Irap sul costo del lavoro ridurrà tuttavia le compartecipazioni tributarie.
Ma avremo più lavoro per le imprese, più investimenti sul territorio, più qualificazione professionale.
Negli ultimi 5 anni la Regione ha subito tagli alla spesa per oltre 1 miliardo. Solo sprechi?
Una buona parte senz’altro. E ce ne sono ancora molti da eliminare. Dobbiamo usare meglio le risorse, proprio come in sanità. Il budget resterà di 2,2 miliardi, ma lo spostamento di 100 milioni sul territorio, la centrale unica degli acquisti, la riduzione degli enti, il riordino degli ospedali ci consentiranno di fare economia senza penalizzare i servizi.
Si può intervenire ancora sui costi della politica?
Ci sono margini sui vitalizi degli ex, sulla macchina pubblica, sulla razionalizzazione dei servizi. Ma il grosso riguarderà la pulizia sul sistema delle partecipate. Messe in ordine le più strategiche, stiamo intervenendo pure su Gestione Immobili, in liquidazione, Agemont, che potrebbe entrare in Friulia, la stessa Friulia in sinergia con Finest, Promotur dentro Turismo Fvg. Le spa non solo dovranno essere in ordine, ma rimarranno solo se servono.
Lei fa due mestieri: presidente di Regione e vicesegretaria Pd. Qual è il primo, qual è il secondo?
Sono complementari. Il lavoro assieme alla giunta e alla maggioranza viene fatto nell’interesse del Fvg, senza coloritura politica, con l’obiettivo di recuperare la centralità perduta e la capacità di essere protagonisti del rilancio economico. Il centrodestra, quando ne ha avuto l’occasione, non ci ha creduto. Meglio farebbe ad assumere una funzione di responsabilità in una missione collettiva per crescere. Dispiace che pensi ad altro di fronte a un mio ruolo nazionale che è un valore aggiunto, non una contraddizione. Lo dimostrano i 330 milioni statali per le infrastrutture, l’inserimento della Ferriera nelle crisi industriali complesse, la definizione del caso Electrolux, la continua attrazione di capitali.
Il premier l’ha ringraziata per la posizione a sua difesa?
Non l’ho sentito in occasione della Conferenza delle Regioni. E, in ogni caso, non ho preso una posizione a difesa. Sono davvero convinta che siamo di fronte a un ddl che ci dà possibilità di crescita come mai prima in passato. Non posso che ringraziare un governo che si assume il compito del cambiamento profondo e del superamento dell’immobilismo. Il Fvg può essere un modello per il Paese e io raccolgo la sfida.
Chiamparino no?
Credo che lui come altri si siano fatti prendere dalla preoccupazione. Comprensibile. Ma è inutile uno scontro che sa di passato.
La sua più grande preoccupazione?
Creare le condizioni per aumentare i posti di lavoro.
Un’altra partita aperta con Roma è quella del patto Tondo-Tremonti. Lo Stato chiede al Fvg 900 milioni, attualmente “congelati” nel bilancio. Come finirà?
Ecco di cosa si dovrebbe preoccupare il centrodestra. Confido si possa portare a casa un buon risultato, rivedendo la nostra situazione debitoria e conquistando nuovi spazi finanziari.
Come giudica l’ingresso di Tondo nel gruppo di Autonomia responsabile?
Il centrodestra in generale è ancora in cerca d’autore. Dispiace notare che siamo spesso divisi da questioni più personali che politiche.
Dopo la Cgil, l’ha attaccata anche la Cisl. Un’invasione di campo?
Abbiamo lavorato condividendo un percorso con i sindacati, nella reciproca autonomia. Mi interessa capire se sono pronti ad accettare la sfida del cambiamento, a comprendere che neanche per loro ci sono rendite di posizione che tengano.
Il Pdci regionale le chiede le dimissioni. C’è poca sinistra nella sua politica e in quella del Pd?
Ce n’è tanta. È una sinistra che taglia il costo del lavoro, abbassa le tasse, guarda alle famiglie, mantiene alto il livello dei servizi, si preoccupa di costruire le relazioni che servono per il futuro. Un esempio: il piano industriale di Friulia si occupa anche della formazione degli imprenditori.
Se il Consiglio di Stato vi dà torto sulla legge che declassa le Province, procederete comunque con il ddl enti locali?
Sì. La riforma delle autonomie è una necessità a prescindere dal superamento delle Province.
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19 ottobre 2014
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