L’aula vota la mozione sul Titolo V. Serracchiani: «La clausola di salvaguardia non basta. Serve l’intesa con il governo»
TRIESTE. Piazza Oberdan fa la sua parte e vota assieme al resto d’Italia una mozione che manda un chiaro messaggio al governo alle prese con la riforma del Titolo V della Costituzione: l’autonomia non si tocca. Il documento fa propri gli indirizzi delle Conferenza della Regioni approvati nei giorni scorsi e sollecita lo Stato a inserire una “clausola” salvaspecialità che rispetti quanto previsto dagli statuti, dalle competenze ai rapporti finanziari.
Basterà? Debora Serracchiani è convinta di no. Nella doppia veste di presidente e vicesegretaria del Pd – due ruoli che nel dibattito in aula le costeranno un pesante attacco dal fronte grillino ai limiti dell’offesa personale – la governatrice punta altrove: Roma, Palazzo Chigi. Più che votare mozioni, per quanto condivise – «un’importante massa critica», dirà la presidente – è soprattutto lì che bisogna accordarsi.
Insomma con Renzi, il leader del suo partito. «Se vogliamo fino in fondo difendere la specialità o addirittura rilanciarla, non c’à clausola di salvaguardia che tenga», dichiara in Consiglio. È la via del metodo «pattizio», peraltro indicata anche nel testo di ieri, quella da imboccare guardando, in contemporanea, a cosa si può fare in casa. «Tratto, modifico il mio statuto e lì inserisco una volta per tutte quello che fa lo Stato e quello che fa la Regione». Resta da capire come e quando visto che il ddl del governo afferma che le disposizioni di legge «non si applicano sino all’adeguamento dei rispettivi statuti».
E dopo che succede? È sufficiente la mozione con la “clausola di salvaguardia”? «No – riprende Serracchiani in aula – perché c’è già e se ne sono fregati altamente, basta leggere le sentenze della Corte costituzionale». Concretamente, rimarca la governatrice, «dobbiamo consegnare l’indicazione delle nostre competenze, la linea Maginot di ciò che vogliamo fino all’ultimo e di quello che vogliamo mettere in discussione». L’alleato? «Si parte dalle forze al governo». L’obiettivo è cercare un equilibrio tra potere centrale e periferie. «Ci sono materie – osserva la presidente – che le Regioni sono d’accordo di ritrasferire al governo, come le grandi infrastrutture strategiche. Su altri temi bisogna bilanciare gli interessi e su questo nelle prossime settimane faremo un lavoro proficuo».
Alla fine l’aula vota il documento, con la sola astensione del M5S, assieme a un ordine del giorno sulle tutela delle minoranze linguistiche. E proprio i grillini si rendono protagonisti di un’inedita invettiva diretta a Serracchiani, tanto da costringerla a lasciare l’aula in segno di dissenso. La capogruppo Elena Bianchi per criticare le riforme del governo si è scagliata prima contro la politica italiana che «sta arrivando a un livello di beceraggine e infedeltà che lascia sbalorditi», visto che «il partito che non ha vinto le elezioni, con il suo 25,4%, si arroga il diritto di dettar la linea a un’intera nazione associandosi a un delinquente conclamato (il riferimento è a Berlusconi, ndr) per attuare una volta e per tutte il programma della Loggia P2 e in questo viene aiutato dal vostro Presidente della Repubblica».
Poi, guardando verso la giunta, ha accusato la governatrice che «fa la brava vicesegretaria del partito, con il cappellino nuovo di zecca. E quale cappellino indosserà la nostra illustre plurincaricata presidentessa? Quello che serve, quello che conviene, o quello che salta in testa da solo come una pulce male ammaestrata?». La governatrice, rientrata in aula, ha chiesto rispetto per le istituzioni. Poi, commentando a margine, ha ribattuto: «Prima di dire frasi citando infedeltà presunte è forse il caso di guardarsi in casa». Numerosi gli interventi a sua difesa. Per Agnola (Pd) «la presidente non va aggredita», mentre a giudizio del capogruppo Shaurli «è un errore rispondere alla provocazione». Dai banchi dell’opposizione il capogruppo di Fi Riccardi ha rivolto «sinceri auguri di buon lavoro alla vicesegretaria del Pd», mentre Santarossa (Ar) ha voluto «censurare l’intervento del M5S».
©RIPRODUZIONE RISERVATA