«Anzichè pensare alle comunali si preoccupa di quello che devo fare io al referendum». La replica: «Basta beghe personali»
TRIESTE. Tutti contro tutti, sinistramente divisi. Continuano gli episodi di “fuoco amico” che, in regione come a livello nazionale, stanno minando la stabilità del Pd, stretto tra l’attesa del D- day (il referendum del 4 dicembre) e l’elaborazione delle pesanti sconfitte elettorali alle amministrative.
A sferrare continui attacchi a Renzi & c. è Pierluigi Bersani. «Il centrosinistra si dia una mossa, esca dalla retorica blairiana e tiri su delle bandiere di protezione degli interessi che vuol difendere e dei concetti di uguaglianza. Cerchiamo di saltarci dentro – ha affermato alla Camera -, se poi mi si risponde che il mio problema è psicanalitico allora mi arrendo. Con quello che succede nel mondo sono stupidaggini. Io ho votato 53 fiducie su cose che erano il contrario di quello che ho raccontato agli italiani quindi non mi vengano a dire storie e guardino il problema. Ho sentito il vicesegretario Debora Serracchiani che il giorno dopo avere perso Pordenone, Trieste, Monfalcone si prendeva la briga di discutere su quel che devo fare io al referendum. Vogliamo guardarlo il problema o no? Sono preoccupatissimo – ha concluso – perché finchè ci dormiamo su, concediamo 24 ore al giorno altre occasioni alla destra».
Duro anche il commento di Carlo Pegorer. «Se non vanno bene le metafore agricole useremo quelle climatiche: chi semina vento raccoglie tempesta», afferma il senatore della sinistra Pd, che non dimentica che domenica scorsa a Monfalcone il centrosinistra ha perso perché molti dei suoi elettori non si sono recati alle urne. «Da tempo – aggiunge Pegorer – la sinistra Pd ha evidenziato la necessità di una più attenta riflessione sulle scelte del governo di fronte al crescere delle diseguaglianze sociali create dalla crisi e non affrontate ancora nel dovuto modo. Tutte questioni che non si possono affrontare a colpi di bonus né tantomeno con superbia, arroganza, o meglio ancora, con il mito della velocità decisionale. Ma il 5 dicembre – incalza il senatore – non finisce la Storia né tantomeno l’Italia».
Immediata la replica di Serracchiani. «La ventata globale della destra impone prima di tutto l’unità delle moderne forze riformiste, a cominciare dal Pd: per il nostro partito non è davvero il momento di guardarsi l’ombelico né di distillare metafore agricole. Questo è un vero e proprio appello alla responsabilità, a guardare ai grandi compiti cui siamo chiamati per cambiare e far progredire il nostro Paese. È imperativo che cessino subito le piccole beghe personali e che tutta l’attenzione si rivolga al Paese reale, ai cittadini e alle loro preoccupazioni, soprattutto a quelle che non hanno voce o ascolto adeguato. Oggi siamo a un discrimine – ha concluso la governatrice -, in cui anche la minoranza può dare l’esempio di come si comporta una classe dirigente responsabile e leale, oppure può tornare a sfogliare il vecchio libro della storia del socialismo italiano, di cui conosciamo la fine».
Parole rivolte a chi contesta la linea del partito a trazione Renzi ed è tentato dal votare No al referendum. Un No sostenuto con forza da Stefano Parisi, che oggi sarà a Udine per un incontro con amministratori e politici regionali.
10 novembre 2016
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