La presidente a tutto campo ad Aquileia: «Unioni civili? Mi aspetto di più». E sull’elettrodotto boccia i giudici. La presidente: non so se il Consiglio di Stato si è reso conto che il 70% dell’opera è già realizzato
di Maura Delle Case
AQUILEIA. «Voglio essere chiara. Si può anche mandare a casa questo governo avendo però chiaro in testa che le alternative si chiamano Salvini e Grillo. Chiedo allora a tutto il Pd, minoranza compresa, di respingere questo rischio e avere il coraggio di fare quanto in questo Paese non si fa da troppo tempo: cambiare».
Ospite della festa dell’Unità di Aquileia, la presidente della Regione, Debora Serracchiani, ha richiamato all’ordine le minoranze interne al Pd dopo l’ultimatum posto dal presidente Orfini.
«Mi auguro che siamo abbastanza maturi per superare etichette e personalismi. Non facciamo perdere tempo agli italiani parlando di noi stessi – ha aggiunto – cerchiamo di resistere a quella che è ancora la malattia della sinistra: dividersi sempre».
Ciò, nonostante il cambio al vertice sia stato messo a segno. E i giovani leader del Pd interpretino il partito come una comunità politica in cui si discute, «anche aspramente», ma alla fine si prende una decisione. Una. Da rispettare. Anche a costo di tarpare in parte la propria sensibilità come si prepara a fare Serracchiani sulle unioni civili, tirate in ballo ieri sera per spiegare come vorrebbe si vivesse in casa Pd.
«Sulle Unioni civili vorrei una cosa più forte di quella che probabilmente andremo ad approvare. Dirò la mia opinione, ma poi, quando si voterà, difenderò la decisione del partito. Cercherò di spiegarla». E rispettarla. Le minoranze sono avvertite. Non solo quelle dem.
Dalla politica nazionale, Serracchiani ieri è passata infatti ai temi caldi di casa nostra che hanno spinto sulle barricate la minoranza in consiglio sì, ma anche sindaci e cittadini. Anzitutto un dato.
Diciassette ospedali pubblici in una regione di appena un milione di abitanti sono per Serracchiani la dimostrazione «che avevamo una sanità superata dalla storia, che negli ultimi 10 anni è cresciuta nei costi, ma non nei servizi». La rivoluzione scritta sulla carta dalla giunta regionale per la sanità del Fvg è oggi un cantiere aperto.
Qualche esempio? «Cividale ha ora un dipartimento di salute mentale sulle 24 ore. L’ospedale di Gemona diverrà un polo riabilitativo a livello regionale, il pronto soccorso di Udine avrà più spazio e il ticket sanitario (come promesso) è stato abolito», ha rivendicato Serracchiani. Dalla sanità agli enti locali: «Se i sindaci si mettessero insieme a gestissero le Uti per alcuni servizi non solo risparmierebbero, ma avremmo più risorse in più», ha rilanciato la presidente dando voce all’ennesimo appello all’unità prima di rassicurare il pubblico: «Non perderete il Comune o l’ufficio».
Sull’elettrodotto ad Aquileia Serracchiani è andata elegantemente all’attacco del Consiglio di Stato. «Ho letto le carte della sentenza e mi viene il dubbio che chi ha preso quella decisione non sapesse che il 70 per cento dell’opera è già stata realizzata». Il rischio che i cantieri restino fermi per lungo tempo ha spinto la presidente ad alzare la voce:
«Accadrà che i nuovi piloni resteranno lì ma non funzioneranno, che resteranno pure quelli vecchi anziché essere dismessi e che Abs non potendo giovarsi del collegamento se ne andrà in Serbia. Sapete quanti posti di lavoro garantisce Abs?».
Dinanzi alla solita manina anti-impresa ha ribadito: «Non so se possiamo permetterci di essere questo Paese». Ea a chi si oppone all’opera «chiederei di non usare l’energia».
Se per l’elettrodotto il dilemma è tra crescita e “decrescita”, nel caso immigrati è tra gestire l’emergenza o viverla passivamente.
«La Regione ha deciso di occuparsene evitando i grandi assembramenti». Nonostante l’impegno, la diffidenza tra la gente resta. «Ma cosa dobbiamo fare? Se domani toccasse a vostro figlio – ha concluso Serracchiani – dall’altra parte del mare vorreste che trovasse Zaia, Maroni o Salvini?».
02 agosto 2015
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