L’Università di Padova ha presentato i risultati della sua campagna estiva
3.07.2014 Continuano a mietere successi le campagne di scavo delle Università ad Aquileia, campagne che ormai si ripetono puntualmente ogni anno, prevalentemente nei mesi estivi, contribuendo notevolmente ad ampliare gli orizzonti conoscitivi sulla città romana, Patrimonio dell’Umanità Unesco. Il Dipartimento dei Beni culturali dell’Università di Padova ha presentato al pubblico i risultati delle indagini effettuate, tra maggio e giugno, presso l’area della «Casa delle bestie ferite», situata in via delle Vigne Vecchie, lungo la Sr 352 via Iulia Augusta. Lo scavo ha goduto quest’anno della disponibilità di una nuova porzione di terreno, posizionata immediatamente ad ovest, acquistata nel corso del 2013 dalla Soprintendenza per i beni archeologici del Friuli-Venezia Giulia, che ha permesso l’ampliamento delle indagini estensive verso il percorso del cardine massimo dell’antica colonia, oggi ricalcato dalla strada statale Iulia Augusta.
In questo nuovo settore, le attività di scavo stratigrafico sono state precedute da indagini con georadar, effettuate dai geofisici dell’Ateneo patavino, Rita Deiana e Guglielmo Strapazzon, al fine di orientare la prosecuzione delle ricerche. I dati finora raccolti, anche con il contributo attivo degli studenti dei corsi di laurea triennale e magistrale in archeologia dell’Università di Padova, hanno consentito di accertare la lunga continuità di vita della cosiddetta «Casa delle Bestie ferite» – e degli altri edifici abitativi limitrofi – estesa per un periodo di oltre quattro secoli e scandita in almeno tre fasi edilizie che si inquadrano tra la primissima età imperiale e la seconda metà del IV secolo. Attualmente sono stati intercettati una serie di ambienti – riferisce Monica Salvadori, responsabile del progetto scientifico e direttore dello scavo -, pavimentati da rivestimenti in mosaico (opus tessellatum), attribuibili, per studio stilistico e sequenza stratigrafica, alla prima fase dell’intervento edilizio, collocabile tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C. (inizio dell’età augustea). Notevole è il ritrovamento di un ambiente caratterizzato da un pavimento a mosaico con decoro geometrico bianco-nero, con riquadri a motivi vegetali policromi di altissima qualità esecutiva. Il pavimento rimase in uso per più secoli ,come sembrano attestare i numerosi interventi di restauro visibili sulla superficie, alcuni con tessere bianche altri con lastre marmoree. In età più tarda, in questo ambiente si dovettero impiantare attività produttive, funzionali al riuso di materiali edilizi quali le tessere in pasta vitrea. Successivamente, in una fase collocabile dopo la metà del IV secolo d.C., l’area venne nuovamente pavimentata con altri rivestimenti a mosaico. A partire da questo momento si assiste ad una radicale trasformazione dell’edificio, interessato da un organico e più invasivo progetto di monumentalizzazione degli spazi domestici.
Il rilevante impegno profuso per la ristrutturazione della domus è testimoniato soprattutto dalla presenza di un ambiente di ricevimento dotato di abside che, con le sue dimensioni di 8 x 10 metri, risulta essere il più ampio rinvenuto all’interno dell’abitazione. La sala doveva essere rivestita da un lussuoso pavimento in lastre marmoree (opus sectile), di cui si conservano solo alcuni elementi e le tracce in negativo lasciate dalle lastre asportate, sufficienti però a ricostruire lo schema decorativo originario. Rimane ancora da verificare se tale ambiente facesse parte della stessa dimora tardo-antica, denominata «Casa delle Bestie ferite», nella quale un ruolo di rilievo doveva essere giocato dall’aula pavimentata con lo splendido mosaico policromo, impreziosito da scene di caccia e da figure delle Stagioni e di animali feriti, che dà il nome stesso alla casa.
L’ambiente absidato si affacciava, a sua volta, su di una corte scoperta, dotata di un rivestimento in lastre litiche in scaglia rossa di Verona – alcune delle quali di reimpiego – delimitate esternamente da una fila di lastre in calcare di Aurisina. Sotto una delle lastre della corte è stata rinvenuta una moneta in bronzo, riferibile ai principati di Graziano, Valentiniano e Teodosio, che ha permesso di confermare la cronologia dell’intervento, fissando la datazione a dopo la seconda metà del IV secolo d.C.
Ora si pensa ad una valorizzazione dell’area tramite la sua apertura al pubblico, previa copertura dei pavimenti musivi.