E’ stato un Consiglio comunale ricco di argomenti, quello del 15 gennaio scorso. Uno su tutti, il “bonus bebè”.
Tra i diversi punti all’ordine del giorno, due mozioni (la n. 8 e la n. 9, presentate rispettivamente da noi e dalla Maggioranza) erano dirette a intervenire sul “Regolamento Comunale Erogazione Bonus bebè”, approvato con il solo voto della Maggioranza durante il Consiglio del 15 giugno 2020.
La richiesta dei gruppi di Minoranza, in realtà, era molto semplice: stralciare il requisito di “essere cittadini italiani” per poter presentare la domanda per il bonus bebè (art. 4 del regolamento): un requisito che già durante il Consiglio del 15 giugno avevamo segnalato come potenzialmente incostituzionale.
Ricordiamo infatti che l’art. 3 della nostra Costituzione consacra il principio di uguaglianza quale fondamento-cardine del nostro ordinamento giuridico: perciò, quanto proposto dalla maggioranza di centrodestra, ossia la subordinazione al fatto che almeno uno dei genitori sia cittadino italiano costituisce una palese violazione dell’art. 3, oltre a rappresentare un’infrazione indiretta del diritto comunitario.
Logico, quindi, che nella seduta del 15 giugno non abbiamo presentato emendamenti: eravamo contrari al regolamento tout court, e sarebbe stato paradossale proporre modifiche per poi cassarle con il regolamento in toto.
Come se non bastasse, all’art. 3 viene citata la “potestà genitoriale”: peccato che dal 2013 la “potestà” sia stata sostituita dalla “responsabilità” (D.lgs. n. 154 del 28/12/2013).
Ma non siamo certo rimasti fermi a guardare. Fin da subito ci siamo rivolti all’UNAR (Ufficio Nazionale Anti-discriminazioni Razziali, un organo attivo presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), che si è subito attivato con l’Amministrazione, invitandola ad eliminare l’art. 4.
Per l’ennesima volta, abbiamo dovuto prendere atto che alla Giunta Zorino le opinioni delle minoranze non interessano affatto, nenche quando potrebbero evitargli brutte figure come questa.
Ma veniamo al Consiglio del 15 gennaio. Chiarito quanto scritto sopra, ulteriore fonte di perplessità e sgomento è stata prodotta dalla mozione proposta da Aquileia Viva.
E’ difficile vedere una maggioranza proporre una modifica ad un regolamento da lei stessa redatto e approvato, difficoltà che non ha certo fermato Aquileia Viva dal farlo. Un’azione, però, che dimostra scarsa preparazione e pressapochismo: bastava prestare un po’ più di attenzione ai dettami della Costituzione (e delle leggi europee), o quantomeno ascoltare le Minoranze (e i nostri avvertimenti, già nel consiglio del 15 giugno, sono molti!).
Con la sua mozione dell’11 gennaio (n. 236), la Maggioranza tenta di aggiustare le cose, ma in maniera molto maldestra. Ecco quanto scritto alla modifica dell’art. 2: ”il genitore richiedente il bonus deve in ogni caso essere residente nel territorio del Comune di Aquileia da almeno un anno. Il genitore richiedente avente cittadinanza extracomunitaria deve inoltre essere residente nel territorio nazionale dal almeno cinque anni”.
Forse la Maggioranza non sa – ancora una volta – che anche questa modifica è incostituzionale.
Evidenziamo questo perché costituisce proprio tema d’attualità la Sentenza della Corte Costituzionale n. 281 del 2020, con cui ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 77, comma 3 quinquies, della legge della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia 9 agosto 2005, n. 18 (Norme regionali per l’occupazione, la tutela e la qualità del lavoro), introdotto dall’art. 88 della legge regionale del FVG 8 luglio 2019, n. 9 (Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale).
Tale articolo di Legge è stato dichiarato incostituzionale richiamando proprio la violazione dell’art. 3 della Costituzione, in quanto esso limitava la concessione di specifici incentivi occupazionali alle assunzioni, inserimenti o stabilizzazioni riguardanti soggetti residenti continuativamente sul territorio regionale da almeno cinque anni.
Segnaliamo a tal proposito un altro precedente interessante. La Corte di Appello di Milano ha infatti dichiarato discriminatoria la delibera della Giunta Regionale della Lombardia (anche qui, guarda caso, di centrodestra) dell’8/10/2015, che nella parte relativa proprio al “bonus bebè” prevedeva la residenza in Lombardia da almeno cinque anni continuativi di entrambi i genitori. La Regione è stata costretta a modificare il regolamento (sentenza 463/2019).
Citiamo questo esempio non a caso: vogliamo chiarire che anche questo tipo di attività amministrativa può essere oggetto di impugnazione davanti al giudice ordinario. A detta del Tribunale di Milano, infatti, costituisce discriminazione, prevedere in un atto amministrativo requisiti diversi per italiani e stranieri violando l’art 41 T.U. Immigrazione che sancisce la parità tra italiani e stranieri titolari di permesso di soggiorno non inferiore ad un anno nell’accesso a “provvidenze e prestazioni anche economiche di assistenza sociale”.
In aggiunta, come già evidenziato, la Corte d’Appello di Milano ha confermato quanto stabilito dal Giudice di prime cure riconoscendo addirittura maggiori responsabilità alla Regione Lombardia.
Si potrebbe citare ulteriore e numerosa giurisprudenza sul tema ma reputiamo già sufficienti gli esempi citati.
Per tale ragione, durante il Consiglio Comunale, abbiamo richiamato la Maggioranza ad un più approfondito studio in materia di “Regolamenti” e l’abbiamo invitata, per l’ennesima volta, all’istituzione della Commissione Statuto e Regolamenti che ricordiamo, non prevedendo il gettone di presenza, non peserebbe sui bilanci degli aquileiesi.
Infine, per evitare nuove e spiacevoli figuracce al Comune di Aquileia, abbiamo chiesto alla Maggioranza di ritirare la mozione depositata dal Gruppo Consiliare “Aquileia Viva” approvando quella che congiuntamente la Minoranza ha proposto.
La risposta del Capogruppo di Maggioranza, inizialmente incerta e confusa, si è però orientata nel rigettare la nostra proposta, di conseguenza abbiamo ribadito come la loro decisione non avrebbe fermato in alcun modo la nostra azione, paventando anche l’intervento dell’Autorità Giudiziaria.
A questa nostra ferma presa di posizione l’Amministrazione ha chiesto cinque minuti di pausa e, una volta rientrati dall’interruzione, forse impauriti, hanno ritirato la loro mozione permettendo, con la loro astensione, che la nostra venisse approvata: quindi ad Aquileia tutti, senza distinzioni, potranno accedere al Bonus Bebè.
Un’ultima considerazione circa l’idea alla base delle scelte politiche emerse in tema di Bonus Bebè.
Da un lato la Maggioranza di centrodestra ha, in due occasioni, tentato (nel primo caso riuscendoci) di far approvare un regolamento discriminatorio e costituzionalmente illegittimo, salvandosi in extremis non perché ravvedutasi ma semplicemente perché la prima volta è stata redarguita da un organismo facente capo addirittura alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e la seconda per timore di spiacevoli conseguenze legali.
Dall’altro le Minoranze mai avrebbero potuto proporre un azione di tal genere in quanto, oltre a conoscere i principi fondamentali della Costituzione, studiare, e informarsi, sono mossi da valori completamente diversi nella loro attività politica.