L’ex segretario PD cita il risultato del ballottaggio per attaccare duramente il partito, tacciato di arroganza. Ribatte il presidente del Fvg: “Non cambi la realtà e lavori piuttosto all’unità del partito”
Il giorno dopo le elezioni di Monfalcone è teso in casa democratica anche a livello nazionale. Dopo 25 anni di ininterrotto “governo rosso” l’ormai ex roccaforte si è infatti risvegliata in mano al centrodestra.
A Monfalcone “abbiamo preso una sberla storica dalla destra leghista” – è stato l’eloquente commento dell’ex segretario del Pd, Bersani.
“Il Pd è un partito plurale che non può camminare sulle gambe dell’arroganza e della sudditanza”, ha commentato senza giri di parole, Pier Luigi Bersani, riaffermando il suo No al referendum costituzionale e commentando le critiche di Renzi alla minoranza dem. Davanti alla platea della facoltà di Giurisprudenza di Palermo, l’ex segretario accenna all’ipotesi di una scissione: “Non ne parlo certo io. Però ho sentito un certo brivido leopoldino. In un partito di sinistra non puoi dire ‘fuori’, devi ammettere che la gente ragiona con la sua testa”. Su Facebook, negli stessi minuti, Bersani va oltre: “Io dico ‘dentro, dentro’, ma se il segretario dice ‘fuori, fuori’ bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto”.
Dalla segreteria del partito arriva però l’invito a “non cambiare la realtà e a lavorare per l’unità. Renzi – afferma la vicesegretaria del Pd Debora Serracchiani – non ha mai detto ‘fuori’ a nessuno”.
“Bersani non stravolga la realtà ed eviti polemiche fuori luogo: Renzi non ha mai detto ‘fuorì a nessuno”, ha detto il presidente del Fvg. “Da chi è stato segretario del nostro partito ci aspettiamo compostezza e proporzione anche nella dialettica più aspra. Chi ha ricoperto alte cariche ha il compito di rappresentare sempre al meglio il partito. Nel Pd si lavora e si dovrebbe sempre lavorare per l’unità, mai per dividere. L’auspicio è che questo intento sia saldamente condiviso, anche in queste ore, da Bersani”.
Più tardi Roberto Speranza ribadisce che non uscirà dal Pd «neanche con le cannonate» e invoca “rispetto. Io rispetto chi scende in piazza per il Sì ma lo pretendo a mia volta”. Ma Renzi non molla di un millimetro l’accusa di fondo: “Più andiamo avanti e più è evidente che i leader del fronte del No usano l’appuntamento del 4 dicembre per tentare la spallata al Governo. Vogliono tornare loro a guidare il Paese e si rendono conto che questa è l’ultima chance”.
07 novembre 2016
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