Il premier: «Apriamo finestre, non caminetti. Parliamo con gli italiani». Ma, da Roma a Trieste, le minoranze incalzano
di Marco Ballico
TRIESTE. «Non tengo alla poltrona», ha detto già tre giorni fa Debora Serracchiani. Quella poltrona, la vicesegreteria del Pd, rimane un rebus. Ieri mattina sembrava che la presidente della Regione la potesse mantenere e nel pomeriggio che fosse di nuovo tutto in discussione. Non resta che attendere domani, in direzione nazionale, la parola di Matteo Renzi. Di certo, se le verrà riconfermata, quella è una poltrona “che scotta” per Serracchiani. Era attaccata anche prima la vicesegretaria del Pd, dalla minoranza dem, ma nei giorni delle vittorie si poteva rispondere con un certo distacco.
Adesso che il partito fa invece i conti con la prima sconfitta dell’era renziana, quel ruolo è un banco di prova: se resti lì, non puoi più sbagliare. Decide Renzi, ha ricordato, se mai ci fossero dubbi, Ettore Rosato nello stesso momento in cui, ieri sul Piccolo, dava solide garanzie che Serracchiani non verrà rimossa dalla segreteria e dalla casella numero due. Deciderà Renzi, ribadivano ieri altri parlamentari tra conferme della linea del capogruppo alla Camera («Sull’autorottamazione c’è una frenata, Debora finirà col restare») e nuovi dubbi («Nessuno sa davvero che cosa accadrà»).
Nell’attesa arrivano le prime smentite dei diretti interessati al possibile rimpasto di Renzi in casa Pd. «Ipotesi di vecchio stampo, lo facevano i vecchi democristiani, quando si accorgevano di essere un po’ in crisi al governo», archivia il presidente della Toscana Enrico Rossi proponendo invece un ufficio politico di 30 persone «che detti la linea politica del partito». Anche il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, pur dicendosi disponibile a dare una mano in questo momento di difficoltà, respinge i rumors: «Io in segreteria? Non succederà». E pure Renzi, mentre Romano Prodi su Repubblica lo invita a cambiare politica «perché bastano due anni per logorarsi», respinge sin d’ora la polemica sulle poltrone. «La discussione nel Pd non può essere rimpiazzata dalla classica polemica sulle poltrone in segreteria o sul desiderio delle correnti di tornare a guidare il partito. Non credo ai caminetti: apriamo finestre, spalanchiamole, altro che caminetti. Parliamo, certo: ma con gli italiani e degli italiani, non dei nostri equilibri congressuali» dice il premier invitando il Pd a caratterizzarsi per «le cose che propone, non per le proprie divisioni» né per le «spartizioni interne alle correnti come avveniva in passato».
Serracchiani era ieri a Roma alla presentazione della mostra “Leoni e Tori dall’Antica Persia” in allestimento ad Aquileia. Al suo fianco c’era il ministro della Cultura Dario Franceschini, l’ex segretario del Pd che, nel marzo 2009, si vide raccontare proprio da Serracchiani, all’assemblea dei circoli, come avrebbe dovuto essere il partito: più vicino alle cose reali, con meno personalismi e protagonismi. Per un po’ la governatrice vicesegretaria non parlerà del voto in regione e delle sue conseguenze. O, almeno, non aggiungerà più di tanto a quando già riassunto al termine dei ballottaggi: ci sono stati errori, abbiamo parlato poco con la gente, ripartiamo dal territorio. Dopo la giornata di domani, quella in cui in direzione nazionale Renzi darà l’ultima parola sul riassetto, oppure no, della segretaria, per Serracchiani inizierà tuttavia un impegno molto locale: preparare la direzione regionale del 4 luglio, lì dove, a quanto pare, si potrebbero concretizzare alcuni cambi ai vertici del partito. Se Nerio Nesladek ha rimesso il mandato all’assemblea provinciale di Trieste (con tutta la segreteria sostanzialmente dimissionaria, anche se il medico pare intenzionato a tenere duro), anche Antonella Grim, la segretaria regionale, sarà chiamata da più di una componente del partito al passo indietro.
Giorno dopo giorno il Pd sta assumendo maggiore consapevolezza della gravità della doppia sconfitta di Trieste e Pordenone. E i malumori aumentano. Mercoledì prossimo, questa la decisione della segreteria dell’altra sera, si riunirà l’assemblea provinciale di Trieste. «Valuteremo il risultato e cercheremo di creare le condizioni affinché il partito possa continuare la sua azione», dice Nesladek confermando di essere pronto ad accogliere l’eventuale richiesta di dimissioni. Tra un paio di settimane accadrà lo stesso per Grim: dopo Serracchiani le maggiori critiche dei dem della regione vanno nella sua direzione. Non per colpe specifiche ma perché, quando si perde, «si cambia allenatore».
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23 giugno 2016
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