In Senato Pegorer e Sonego hanno votato contro la linea del premier
di Domenico Pecile
UDINE. Un partito racchiuso in due parole: preoccupazione, che tutti ammettono, e scissione, che tutti respingono, a fotografare un Pd in fibrillazione e sull’orlo del baratro oltre il quale ci sarebbe soltanto la frantumazione. L’ultima scintilla è stata innescata dal voto sull’Italicum. Due senatori friulani, Carlo Pegorer e Lodovico Sonego, hanno votato contro la linea-Renzi. «Ho votato gli emendamenti che avevo sottoscritto insieme ad altri colleghi – dice Sonego – per consentire agli elettori di scegliersi il parlamentare con il voto di preferenza. Con molti altri senatori ho cercato di migliorare la legge elettorale. Una maggioranza di senatori non ha consentito quel passo in avanti e il 60 per cento del Parlamento continuerà ad essere nominato». «Abbiamo tenacemente perseguito e proposto soluzioni e modelli che potevano unire tutto il Gruppo del Pd – gli fa eco Pegorer – rispettare meglio la stessa sentenza della Corte costituzionale e soprattutto dare ai cittadini la possibilità di eleggere davvero la maggioranza dei futuri deputati».
Lo strappo non poteva non riverberarsi sui democratici del Friuli Venezia Giulia anche se nessuno nomina mai la Serracchiani. Ma da parte di quanti contestano la metodologia renziana c’è un distinguo netto. Come sostiene il consigliere comunale di Udine, Hosam Aziz «sia in regione, sia a Udine non c’è nulla da eccepire. Il partito è vivo e funziona. È sul piano nazionale che qualcosa non torna. E non possibile che appena invochi maggiore dialogo o semplice confronto dialettico si venga tacciati come un gufo, un “ritardatore” o uno che non accetta la sconfitta. La verità e che sui temi nazionali non c’è alcun confronto e che mancano le battaglie di sinistra».
Il consigliere regionale Renzo Liva si spinge oltre e dice che se lo stato di salute del Pd nazionale fosse come quello che c’è in Fvg i problemi non esisterebbero. «Ma è evidente – aggiunge – che affrontare le riforme a questa velocità non può non creare tensioni». Liva, come Pegorer, ma anche Sonego e lo stesso Aziz si dice convinto che il rischio-scissione non esista, «ma è altrettanto evidente che tra la base c’è disorientamento e sfiducia».
E se Sonego usa l’inclemente metafora di un cammino sulle uova per disegnare i prossimi, difficili appuntamenti politici del Pd, il civatiano consigliere regionale Enzo Martines invita il partito a un’altra riflessione. «Credo – è la sua analisi – che se domenica in Grecia dovesse vincere Tsipras molto potrebbero uscire allo scoperto per sottolineare che esiste una sinistra europea». Martines assicura che sia lui sia gli altri civatiani sono dell’idea che bisogna restare dentro il Pd, ma «nel caso dovessero verificarsi spaccature sarebbe troppo facile addossare tutte le colpe a quelli che eventualmente se ne andrebbero».
Insomma, detto ancora con Liva, «allineati e coperti, dubbiosi e arrabbiati sono accomunati dal fatto che le battaglie si devono consumare dentro questo contenitore che è il Pd». «Nelle regioni in cui si va alle primarie come Campania, Umbria, Marche, Toscana – dice ancora Martines – ci sono situazioni calde come quelle verificatesi in Liguria». Insomma, «al di là dei toni sopra le righe di Renzi – sono ancora le parole del parlamentare Sonego – c’è da capire cosa succederà nei prossimi giorni. La partita sul’sull’Italicum è chiusa. Adesso si schiaccerà un po’ di bottoni poi vedremo. Ci aspetta un budino che si assaggerà giorno dopo giorno».
Dunque, se tutti sono concordi sul fatto che il rischio di scissione non esiste e che ci sono semplicemente una maggioranza e una minoranza che si confrontano anche in maniera aspra, resta da capire se il Pd delle prossime settimane sarà un partito all’insegna dello scontro interno no stop e i nuovi appuntamenti, come l’elezione del nuovo presidente della repubblica, sono destinati ad aumentare la forbice tra le due componenti.
«Credo – afferma il capogruppo in consiglio regionale, Cristiano Shaurli – che le fibrillazioni si verifichino quando uno ha il coraggio di affrontare questioni importanti che proprio per evitare le fibrillazioni con italica abitudine si tende invece a non affrontare. Sia il tema del mercato del lavoro, sia quello sulla legge elettorale erano nodi da affrontare e che da tempo attendevano risposta. È giusto quindi che un partito accetti i rischi connessi di fibrillazione. Detto ciò, credo che per ognuno di noi – e soprattutto per chi ha contribuito a costruire il Partito democratico – la sua unità sia un bene prioritario e imprescindibile.
22 gennaio 2015
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