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    Serracchiani: “Ci sono due sinistre, chi vuole le riforme, chi cambiare il premier”

    Il vice segretario del Pd: “Cuperlo e Speranza critici ma non hanno voluto spaccature. Da Stefano una sofferenza personale”

    di GOFFREDO DE MARCHIS

    Serracchiani: "Ci sono due sinistre, chi vuole le riforme, chi cambiare il premier"

    Debora Serracchiani (imagoec)

    ROMA. “Fassina? Mi è parso abbia espresso soprattutto una sofferenza personale…”. Debora Serracchiani, vice segretario del Pd, fa un bilancio a Assemblea dem appena conclusa. Clima natalizio e poche bordate, ma molti problemi aperti.

    Serracchiani, a sfidare Renzi è rimasto Stefano Fassina?
    “Mi sembra isolato anche rispetto alla gran parte della minoranza dem. Le posizioni di Cuperlo e di Speranza che avevano espresso con chiarezza il loro dissenso nelle settimane scorse sulle riforme, sono state più in linea con la richiesta di Renzi di creare le condizioni perché tutto il Pd si impegni in un piano di riforme così importante come quello che abbiamo impostato”.

    La scissione è stata archiviata?
    “Per quanto ci riguarda non è mai stata sul tavolo. Non ci sono le condizioni perché in questo anno da segretario – domenica è stato proprio il compleanno di Matteo alla guida del Pd – e a febbraio saranno 12 mesi che è a Palazzo Chigi, abbiamo lavorato per includere. Basta vedere la composizione della segreteria o anche le candidature sul territorio. Non abbiamo escluso nessuno e i contributi sono stati ascoltati. Il Jobs Act è stato il frutto di un lavoro in commissione e in aula in cui sono state raccolte alcune richieste dei dissidenti”.

    Inclusione vuol dire che appoggerete le candidature di Cofferati come “governatore” in Liguria o di Felice Casson come sindaco di Venezia?
    “Non faccio nomi. E poi ci sono primarie già fissate o che si faranno nell’anno nuovo, oltre a candidati unitari scelti dal territorio”.

    Renzi vuole andare al voto anticipato, come dice Fassina?
    “Matteo ha citato il premier giapponese per dire che al contrario lui non ci vuole assolutamente andare. Farà il segretario del Pd fino al 2017 e il premier fino al 2018 perché non si sente la necessità né di nuove elezioni né, come qualcuno vorrebbe, di un altro presidente del Consiglio”.

    La distensione con la minoranza dipende anche dal fatto che per la partita del Quirinale il premier avrà bisogno dell’unità del partito?
    “Il vero ordine del giorno dell’Assemblea è stato la richiesta di lealtà. Un partito non deve trovarsi in una situazione in cui una parte pensa di inviare segnali alla maggioranza. Ci sono impegni troppi alti nel paese e in Europa per guardare al nostro ombelico. Mai più i 101 franchi tiratori”.

    Berlusconi avanza pretese sul Quirinale, il Pd lo accontenterà?
    “Abbiamo ripetuto più volte che il Patto del Nazareno riguarda la riforma elettorale e le riforme costituzionali. L’elezione del capo dello Stato non c’entra niente”.

    Ma ci saranno modifiche sulla nuova legge elettorale come chiede la minoranza?
    “Abbiamo trovato un equilibrio, le risposte già ci sono anche con il compromesso sui capilista bloccati. Poi l’aula del Parlamento è sovrana”.
    15 dicembre 2014

    http://www.repubblica.it/