L’ex ministro oggi, giovedì, ad Aquileia: per gli enti Speciali il riordino è solo un palliativo. Sul candidato presidente in Fvg ripete: «I papabili per Fi sono Riccardi e Savino»
di Mattia Pertoldi
UDINE. Il rush finale per il voto di dicembre è cominciato e Forza Italia, al pari delle altre forze di minoranza che si oppongono alla riforma costituzionale, scalda i motori per coinvolgere quante più persone possibile nella battaglia per il No al referendum. Anche in Fvg dove oggi è previsto l’arrivo dell’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini che, alle 20 all’hotel “Patriarchi” di Aquileia, spiegherà, assieme all’onorevole Sandra Savino, le ragioni che hanno portato Fi a bocciare la legge Boschi.
Onorevole lei, in queste settimane, è tra le più agguerrite avversarie della riforma costituzionale. Ma qual è la motivazione principale che la porterà, al pari del suo partito, a votare no il prossimo 4 dicembre?
«Nel caso in cui la nuova Costituzione dovesse diventare realtà si ridurrebbero notevolmente, quasi annullandoli, gli spazi di democrazia nel nostro Paese. Questa riforma, abbinata all’Italicum, permetterebbe a un partito che dovesse riuscire a conquistare la fiducia di un terzo degli elettori non soltanto di controllare il Governo, ma pure di nominare tutti gli organi di garanzia annichilendo le opposizioni. Una deriva autoritaria che non possiamo permettere diventi realtà».
Forza Italia, però, è da sempre a favore dell’abolizione del bicameralismo perfetto. Questa riforma non risolve, finalmente, l’annoso problema delle “navette” tra Camera e Senato?
«Per nulla, nonostante le favole raccontate da Matteo Renzi. La legge Boschi non cancella la parità di competenze tra le due Camere, semplicemente differenzia, e in molti casi complicandoli, i procedimenti legislativi di Montecitorio e palazzo Madama. Il ping pong tra le due Camere resta tale e quale, mentre l’unico fattore che viene abolito è il voto per scegliere i senatori».
Scusi, ma sindaci e consiglieri regionali sono eletti dai cittadini…
«Sì, ma per il Comune o la Regione, certamente non per il Senato. Sindaci e consiglieri hanno il dovere di restare sul territorio, ascoltare le esigenze dei cittadini e risolvere i problemi delle loro comunità, non andare a Roma per partecipare alle riunioni del Senato».
Perché non vi convince nemmeno la cancellazione delle competenze concorrenti e la ridefinizione delle funzioni tra Stato e periferie?
«La soluzione proposta dalla maggioranza è un pasticcio che non risolve alcuna problematica. Nessuno di noi ha nostalgia del “vecchio” Titolo V della Costituzione e siamo disponibili a modificarlo. Non, però, in questa maniera che peggiora la situazione attuale disegnando uno scenario in cui i Comuni conteranno sempre meno. Renzi ha voluto una riforma fortemente centralista che punta a rimettere nelle mani dello Stato il pallino del gioco considerato come sarà il Governo, in caso di vittoria dei Sì, a delegare, a seconda della propria volontà, le competenze agli enti locali».
Le Regioni Autonome, come il Fvg, sono però, almeno per il momento, escluse da questa svolta centralista…
«È un palliativo, perché anche le Speciali saranno costrette, prima o dopo, ad adeguare i propri Statuti e dal quel momento la riforma si applicherà anche a loro con tutta la sua devastante efficacia. L’obiettivo di Renzi è quello di ridurre le Regioni a meri enti di rango amministrativo e in questo senso non farà alcuna distinzione tra Ordinarie e Speciali».
Passiamo a Forza Italia. Facciamo un po’ di fatica a capire la posizione ufficiale del partito con Silvio Berlusconi che un giorno appoggia Parisi, quello successivo lo sfiducia e il terzo attacca Salvini. Possiamo sapere a cosa puntate veramente?
«Il partito, al netto della leadership, è compatto sul No al referendum. Partiamo da questo punto per costruire un futuro in cui l’unità del centrodestra sarà imprescindibile per vincere».
D’accordo, ma Berlusconi con chi sta?
«Con Forza Italia. Il presidente ha compiuto una scelta saggia richiamando tutti gli attori in campo alla sobrietà in vista del voto del 4 dicembre. Alla sobrietà e a quell’unità che è l’unica via per rappresentare un’alternativa credibile al Governo delle chiacchiere targato Renzi. Attenzione, però, perché essere uniti non significa diventare subalterni a Matteo Salvini. Forza Italia resterà sempre autonoma dalla Lega».
Quindi il progetto è quello di un centrodestra guidato dagli azzurri e non dai padani?
«Noi lavoriamo per una Forza Italia che sia sempre il primo partito del centrodestra. Dovremo trovare le soluzioni ideali, ma alla fine sono gli elettori a determinare le leadership. E se non ricordo male Forza Italia a Milano è al 20%, mentre la Lega al 12%, così come, da voi, siamo davanti al Carroccio a Trieste e Codroipo».
A proposito di Fvg: chi sarà il candidato del centrodestra nel 2018?
«L’obiettivo è quello di costruire un’alternativa a Serracchiani. Ci siederemo attorno a un tavolo e decideremo assieme agli alleati. Capisco che Salvini prema per Fedriga, ma noi non siamo disarmati. Abbiamo i nostri “papabili” che rispondono ai nomi di Riccardo Riccardi e Sandra Savino».
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17 novembre 2016
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